Scrivere per comunicare

AIM Associazione Interessi Metropolitani • 10 dicembre 2024
Incontriamo Ketty Agnesani, che ci mostra la danza di un pennino, caricato con inchiostro e condotto dal suo polso sapiente, per dar vita a caratteri armoniosi ed equilibrati, carichi di significato. 


In un mondo che va di fretta e che ormai scrive a mano pochissimo, parlare di calligrafia sembra un argomento obsoleto.
In realtà è un’arte fatta di concentrazione e consapevolezza e ha un valore ancora più importante proprio perché ormai tutti scriviamo praticamente ormai solo mediante una testiera.
Un calligrafo deve investire moltissimo tempo e lavoro per coltivare le proprie qualità interiori e trasmetterle sotto forma di pennellate, il cui obiettivo non è raggiungere la perfezione della forma, ma piuttosto fissare un momento. Infatti la calligrafia determina il tono di voce delle parole scritte, accentuando il significato di quanto si sta scrivendo. 

“Mi piace pensare a ogni opera come un pezzo unico – ci racconta – che comunichi, con le imperfezioni e le particolarità di un prodotto fatto a mano, stati d’animo ed emozioni. Ciascun cliente (aziende, privati, famiglie) usa le mie competenze per raccontare qualcosa di sé. Al di là dell’armonia definita già nel nome (dal greco “kallos” e “graphe”, ovvero “bella scrittura”) cerco di capire le persone che vengono in bottega e tradurre in segni le loro emozioni.
Per esempio, ogni albero genealogico che creiamo è originale nella sua impostazione, nello stile e nella grafica, pensato e realizzato esclusivamente per la famiglia che lo ha commissionato.

Ketty Agnesani è emiliana di nascita, ma milanese di adozione. Dopo 20 anni nel mondo della comunicazione, ha deciso di dedicarsi alla sua passione in modo professionale.

Apre la bottega nel 2007 lungo il naviglio Martesana, in un ex convento del 1600; un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, non passano le macchine e si sentono i passi dei pedoni o le pedalate delle bici.

Perché ha aperto la sua bottega a Gorla?

Abito qui da oltre 40 anni, e quando ho avviato la mia attività in proprio, è stato naturale rimanere nel quartiere che tanto amo e ben conosco.

Che rapporto ha con il quartiere?

Da quasi 18 anni sono “un punto di riferimento” per le persone che passano sulla Martesana, non tanto per i loro acquisti, quanto per il piacere che – mi dicono – provano nel fermarsi a guardare la bottega, col suo sapore d’antan e autentico.
Per me, Gorla non è solo il mio quartiere, è il mio paese, e in effetti faccio una vita molto “di paese”, cerco di fare in zona tutti gli acquisti di cui ho bisogno e di mantenere viva l’economia locale. Mi viene da piangere ogni volta che vedo un negozio chiudere, perché vuol dire che tutti abbiamo perso.

Progetti futuri?

Resistere. 


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Varcare la soglia della bocciofila Martesana è come entrare in una macchina del tempo e ritrovarsi negli anni ‘50. Oggi è un giovedì pomeriggio, sono le tre e le piste da bocce sono tutte coperte da un pavimento di linoleum per ospitare I molti ballerini, secondo me più di 50, che, guidati da un cantante e alcuni strumenti si dilettano in danze di vario tipo: una forma molto tranquilla di swing, balli linea, boogie woogie, tango, mazurche e ballo liscio in genere. Si capisce da queste danze che l’utenza è piuttosto âgée. Qui si balla diversi pomeriggi a settimana e poi il venerdì e il sabato sera. Ci si ritrova qui verso le 12 per consumare un pranzo piacevole e gustoso, incontrare gli amici e giocare a carte e anche a bocce. Incontriamo il Signor Farina, un’istituzione qui. A casa è solo, quindi tutti i giorni arriva a mezzogiorno e si intrattiene con gli amici tutto il pomeriggio. “io sono uno dei sopravvissuti di Gorla” ci racconta. Facevo la quinta e alle 11 e 30 mi hanno fatto andare a casa da solo… anche lui ricorda bene quella mattina del 20 ottobre 1944… La bocciofila Martesana nasce sulle macerie della seconda guerra mondiale. Era rimasto un grande piazzale proprio a ridosso del naviglio. Si decise di realizzare una bocciofila, vista la disponibilità di un ampio spazio piano; a quel tempo si giocava in diagonale, anche con curve e dossi. A me piaceva moltissimo – continua Farina -. Col passare del tempo si è preferito costruire campi in linea e dedicare spazio ad altre attività come la danza. Ci sono anche salette accessorie dove si gioca a carte si beve un caffè o si pranza. Al di fuori della struttura c’è anche un bel cortile dove d’estate si svolgono attività all’aperto.
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