Dal 2009 Animondo offre servizi con l'intento di garantire ai giovani in età evolutiva ed alle loro famiglie un approccio globale

Che tipo di utenza si rivolge ad Animondo?

Appena nasce nel 2009, si trattava di un semplice dopo scuola per famiglie italiane. Negli ultimi 10 anni è cambiato tutto: i fruitori dei servizi sono principalmente stranieri (arabi, sudamericani e filippini), con difficoltà linguistiche che non facilitano l'integrazione nel territorio.

Animondo ha dovuto ampliare la gamma dei servizi per venire incontro alle necessità del ragazzo nel suo percorso scolastico sia nelle pratiche amministrative (iscrizioni, libri) sia nella comunicazione con la scuola (colloqui). Un altro fattore emerso è l’incidenza della crescita di ragazzi con disturbo dell’apprendimento (100 bambini tra elementari medie e superiori hanno diagnosi di ADHD, dislessia, disabilità cognitive etc.). Il servizio, quindi, è diventato più complesso e necessita di varie figure professionali.

Sono stati attivati servizi secondari, ormai divenuti fondamentali, come lo sportello psicologico e il servizio dopo scuola con laboratori di teatro, filosofia, arte terapia.

Durante la pandemia il servizio è stato spostato in DAD, aiutando gli studenti e le famiglie, a volte anche economicamente, fornendo computer o la linea internet.

Da settembre 2021 siamo tornati in presenza con la possibilità dell’online. Le fasce più toccate sono state quelle dei ragazzi delle medie e delle superiori che hanno vissuto i primi due anni di scuola in DAD, perdendo motivazione e voglia di fare. 

Come arrivano ad Animondo questi giovani?

I ragazzi arrivano all’associazione su richiesta delle famiglie, delle scuole o degli assistenti sociali. Il percorso inizia con un colloquio iniziale per capire le esigenze e si stabiliscono degli obiettivi. Sono fiera nell'affermare che chi inizia il percorso difficilmente abbandona.

Come è cambiato il Corvetto in questi anni?

Il Corvetto è cambiato enormemente nel suo tessuto sociale. Se negli anni '70 il problema principale era l’alto tasso di tossicodipendenti e la bassa offerta di lavoro, oggi, a seguito dei fenomeni migratori che hanno interessato il quartiere, si sono resi necessari grandissimi sforzi da parte di tutti, per facilitare il processo di integrazione.

Soprattutto negli ultimi anni vediamo famiglie straniere che si affidano e che partecipano.

Anche i vari eventi non sono fini a sé stessi, ma gli abitanti del quartiere percepiscono che c’è una reale cultura della solidarietà, dimostrata soprattutto negli anni della pandemia.

Si tratta di un lavoro di solidarietà territoriale ormai avviato e capillare. 

Io vedo un futuro positivo per il quartiere, se rimane questa rete di associazioni che lavorano e che ascoltano i bisogni degli abitanti.

Alessandro Bertapelle e Beatrice Zantomasi